Joqtau

di
CATEGORIA FILM
Il giovane scienziato Darkhan torna a casa in Kazakistan con la fidanzata dopo ben sette anni di distanza. Il nonno di Darkhan, Sagat, invita entrambi a visitare i luoghi che hanno dato i natali alla sua famiglia, inducendoli a meditare sul passato, sulla tradizione, sul presente, sulla vita e la morte.
“Joqtau” è il più antico genere di poesia delle tribù nomadi del Kazakistan. Può essere una canzone memoriale o una meditazione sul dolore. Le infinite steppe kazake fanno infatti da abbraccio lirico a un film requiem che è allo stesso tempo un reportage, un corollario di cinema etnografico, un road movie e un dramma intimista. Senza mai far pesare questo ibrido di formati, Aruan Anartay trasmette intanto la filosofia di equilibrio e sensibilità delle comunità locali, lontane dai tempi frenetici di luoghi metropolitani che nel film non si vedono mai ma, si capisce, opprimono Darkhan, la fidanzata Elena e i tempi naturali di tutte le cose.

REGIA

Esperto in linguaggio finzionale e linguaggio documentario in egual misura, Aruan Anartay è regista, sceneggiatore e produttore, vive in Kazakistan, e il suo primo lungometraggio, Joqtau, è stato presentato nella sezione Cineasti del Presente del Festival di Locarno annata 2024. I suoi lavori precedenti, come A Train of Health (2020) o Warm Lake (2021), raccontano le steppe dell’Asia centrale da una prospettiva inedita, in una continua eppur naturalissima commistione continua di modalità espressive.


